Sandro Pertini a Fabriano
Provo a raccontare una storia che trasmetta un’emozione, non è facile:
Si sente il classico suono di campane, o meglio il suono di altoparlanti, è una estate calda e i rigatoni al pomodoro Mutti aspettano. A mangiarli ci sono due generazioni: Leonardo e Benedetto, il primo ama andare in vespa mentre il secondo le ha viste nascere le Px Piaggio; tra loro un vino bianco.
Finito il verdicchio, per cercare frescura i due si recano al solito vicolo, circondato dai fiori esposti fuori dal negozio della vecchia fioraia, e con il muschio che affiora dai vecchi san pietrini del tempo del podestà.
Senti Leonardo, non è un caso che Fabriano non voglia avere una certa memoria storica, che non voglia ricordare. Ascolta quanto aveva da dire Sandro e ti accorgerai della differenza della quotidianità, della quotidianità della nostra città tanto gestita da capponi, gallo per definizione privo di attributi e caparbio a fare la voce grossa laddove invece bisognerebbe star zitti.
“Per me il socialismo è soprattutto l’esaltazione della dignità umana, della dignità del singolo, quindi si sintetizza in due istanze: la libertà e la giustizia sociale, senza quest’ultima la libertà diventa una conquista molto fragile e vuota”, bé, devi sapere che io quando avevo la tua età non capivo bene il senso di queste parole, ma entrambi seguivamo un ideale, un sogno, oggi rattrappito, che ci sussurrava sempre che per essere felice noi, lo dovevano essere anche gli altri. Te pensa, Leonà, per queste idee Sandro è stato politico ma prima avvocato e partigiano e per le sue idee è stato più volte in carcere.
Alla madre che chiese la sua grazia al duce, le scrisse “Devo frenare lo sdegno del mio animo, perché sei mia madre e questo non debbo dimenticarlo. Dimmi mamma, perché hai voluto offendere la mia fede? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare alla mia fede politica pur di riacquistare la libertà”.
Quando era Presidente era il nostro Presidente, vedevamo in lui lo Stato vicino, comunità, sensazioni lontane oggi.
L’oggi colorato di nero, di focolai di guerre, rendono ancora più forti, perché autentiche ed attuali, le parole di Sandro “L’Italia deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame”, motivazioni che sembrano solo essere dimostrate e vissute dal nostro grandissimo Pontefice, che pensa, nipote mio, farà iniziare il Giubileo della misericordia nella Cattedrale di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana.
Leonardo, a tutto ciò pensava che aveva voglia di andare da Otello a prendere il solito gelato, era pur sempre un figlio di questa città di oggi, ma qualcosa lo iniziava a scuotere da dentro.
Infatti finito il melone e la stracciatella, Leonardo guarda a Benedetto per sperare di sentir parlare ancora di Sandro.
Caro Leo, sono quasi 26 anni che ci ha lasciato, Fabriano sembra non ritenere opportuno ricordarlo, ma soprattutto a quei valori di giustizia ed uguaglianza a cui Pertini era intransigente, i nostri rappresentanti son sembrati invece troppo spesso intolleranti, ma io sono ormai solo un vecchio, ma ti voglio bene.
Anche io, tanto.
Andrea Giombi
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Articoli-Pensieri
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