Qualcuno era Cirano: Il Vizio di vivere, il nuovo album di Marco Sonaglia
Le chitarre suonano, la voce canta, dietro quelle note e quelle parole c’è forse un po’ di fragilità, ma anche la forza che si ha quando si insegue un sogno.
Davanti ai tavolini più o meno improvvisati, i ragazzi che stanno in giro mischiano gli amari a grida di compagnia, per dare ancora più slancio a quei pensieri e a quelle riflessioni declinate nel nuovo album: “Il vizio di vivere”, del cantautore fabrianese Marco Sonaglia e prodotto da Accademia cantautori di Recanati.
Di certo non sono canzonette i testi scritti da Tintino e Urbinati, per questo nuovo album in cui si sente la sincera fabrianesità.
Alle intermittenze dell’amore infatti si unisce in modo naturale l’impegno politico, troppo lontano fino ad oggi nella nostra città, come se amore, poesia e politica fossero in fin dei conti qualcosa che va oltre di sé e quindi da dover diffondere, scrivere e cantare sempre un po’ di più, soprattutto oggi e soprattutto ad opera di giovani.
Le canzoni in quella sera di gennaio allo Sverso fabrianese continuano, lì in fondo Max le canta tutte, è un veterano, ma all’angolo opposto il giovane sedicenne Piero abituato a musica diversa dalla poesia, inizia ad essere affascinato dal bere quella birra e sentire quei versi cantati da Sonaglia, e suonati magistralmente da Edoardo Marani; inizia forse a capire la differenza, e che differenza dai soliti argomenti.
La luna e i falò, con cui esordisce il cantautore fabrianese, è l’emblema della fine e della precarietà triste dei sentimenti, del freddo e della speranza tradita, dei viaggi inutili, del niente accostato a vecchie foto ingiallite insieme, di mani unite solo da vecchi quadri a matita “quello che resta della luna e dei falò è la cenere di un tempo che non è più mio, parole e poesia sono un inganno malato, ti illudono ti spingono verso un radioso domani e ti ritrovi alla fine solo con le tue mani.”
Il sentimento dell’amore, riuscendo a portarti oltre te stesso è unito perciò all’impegno politico, ed infatti con grinta e passione, a Fabriano si è cantato di Emilio Lussu, aderente al Partito d’Azione, che insieme ai futuri fondatori di Giustizia e Libertà riuscirono a fuggire dal confino fascista di Lipari. Emilio:
“Emilio è stanco a sera, non gi basta una preghiera, ha bisogno di partire, e Lipari è una gabbia, ma Gioacchino sta arrivando, non importa come e quando, corre l’anima di Carlo, quella di Fausto la insegue, ed Emilio sta volando, sono brividi di gioia, corrono lungo la schiena, sono riusciti nell’impresa, hanno spezzato la catena, han tentato per la vita, han tentato per amore...”
Forse questi versi conducono ad un mondo inventato, infatti queste poesie cantate ti portano a non capire come mai “sfuma tra le mie dita il tuo volto che io chiamo vita”, ma Sonaglia, così come quei vecchi cantautori con le barbe lunghe, ti fanno percepire l’importanza dell’impegno verso i sentimenti e quindi verso l’amore, la letteratura e la politica.
Andrea Giombi
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