08.03.2013 17:50

8 marzo a Fabriano

8 marzo a Fabriano

Le date importanti hanno sempre una radice storica che ci fa comprendere in pienezza il significato e il perché di quella data. L’otto marzo è una di quelle date. La sua radice italiana, è rappresentata dall’UDI, unione donne italiane, che celebrò la giornata della donna l’otto marzo 1945, e fu idea di Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei, a simboleggiare tale giornata con la mimosa, fiore che nasce proprio nei primi giorni di marzo. Ma la vera nascita mondiale di tale data è costituita dai partiti della sinistra che nei primi del novecento promossero iniziative volte a estendere il diritto di voto anche alle donne, e ad adottare diritti sociali volti all’emancipazione del sesso femminile. Questa radice ha perciò diversi nomi come, Corinne Brown,Rosa Luxemburg,Aleksandra Kollontaj,ma come le radici davvero estese, è improponibile ricordare tutte le ramificazioni.

L’otto marzo è stato ricordato da un gruppo di donne, che si sono riunite nella sezione di SEL fabrianese, per porre la riflessione su alcuni temi, in difesa della tutela e dell’autodeterminazione della donna.

Si è posto l’accento sulla necessità, anche nel nostro Paese, dell’introduzione del femminicidio, come autonoma fattispecie di reato. Tale considerazione è stata rafforzata, considerando il rapporto del Fondo di sviluppo per le donne delle Nazioni Unite. Tale rapporto ha infatti di recente evidenziato, come proprio il 70% delle donne di tutto il mondo, abbiano subito violenze fisiche o sessuali, in ragione del loro naturale essere donna, e la stragrande maggioranza di tali violenze sono accadute nelle mura intime e isolate della propria casa. Inoltre lo studio dell’ONU ha evidenziato come sia insufficiente la legislazione di oltre 100 Paesi per tutelare la donna in quanto tale.

Il dibattito è proseguito poi rafforzando la necessità di tutela della legge 194 del 1978, che regolamenta la possibilità di abortire. Per le donne intervenute all’assemblea, tale legislazione è espressione di civiltà e condizione essenziale per affermare l’autodeterminazione dell’ essere donna in relazione al proprio potenziale di fertilità. Perciò, e questo nella discussione è stato tema di forte condivisione, è stato percepito il bisogno di bilanciare effettivamente il diritto ad abortire e il diritto del medico a essere obiettore di coscienza nel praticare tale tecnica medica.

Queste istanze per essere vere ed effettive, nella realtà devono essere respirate e condivise dalla società tutta, e non rimanere isolate. Per questo l’obiettivo del dibattito è, nel suo piccolo, di fare in modo che quelle idee di civiltà possano uscire da quella sezione per poter aiutare a rompere quel silenzio e quel muro che, ancora oggi, soffoca moltissime donne, che della mimosa non possono che respirare il suo appassire.

Andrea Giombi

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