Qualcuno era Cirano; 3 ottobre, sono Josef e sono morto da rivoluzionario
Mi chiamo Josef e sono morto il 3 ottobre 2013, insieme a molti dei miei compagni, avevo vent’anni, eravamo 366 a morire. E continuiamo a farlo, mentre uomini freddi studiano la strategia, noi uomini caldi sentiamo la morte, sentiamo la follia.
Vi volevo parlare a voi lettori non per impietosirvi ma per, e lasciate che ve lo dica, farvi capire che noi siamo davvero i rivoluzionari, siamo i veri rivoluzionari di questa epoca perché siamo contro questa società avulsa dall’empatia e colma di indifferenza ed odio testimoniato per giunta dal reato di immigrazione clandestina presente ai sensi dell’art. 10 bis del testo unico sulla sicurezza.
Noi infatti abbiamo fatto dei sacrifici verso il cammino lento della piena libertà, da sempre infatti, è la fame che va verso il pane e non viceversa.
Siamo dei rivoluzionari perché non troviamo altro riposo che la morte, niente ci trattiene neppure il sogno o il momento di un bacio di una nostra donna amata; lottiamo contro la miseria e allo stesso tempo contro la sopraffazione.
Lasciate che lo dica, il rivoluzionario quando è vero è guidato da un grande sentimento d'amore, ed il nostro è diretto verso una vita dal significato di riscatto, abbiamo fratelli, donne che fanno parte di questo nostro sacrificio.
Dopo tre anni dalla mia morte ho ascoltato il discorso fatto dal Priore della Comunità di Bose: Enzo Bianchi, tenuto nell’Aula del Senato della Repubblica Italiana.
Quel Frate ha tuonato con le parole di un grande poeta inglese: W. Shakespeare, per contrastare l’indifferenza e l’odio verso lo straniero “Ve lo dico io che avrete ottenuto con questo odio: avrete insegnato a tutti che a prevalere devono essere l’insolenza e la mano pesante, questa è la vostra disumanità senza Dio!”
Lo so che non cambierà nulla, perché noi rivoluzionari dall’orrore della nostra terra abbiamo trovato un’altra forma di orrore, di odio; un odio colorato dal silenzio, dall’inettitudine e dall’indifferenza, che sono i caratteri di questa Europa, dove marionette si muovono cercando alibi per queste nostre vite, dissipate e disperse, poi tutto ricomincia come ogni giorno.
Nei bar frequentati dal popolino rimarranno le apericene o altro di simile, mentre per noi resterà, ma solo per noi, un mare indelebile, traccia di una ferita che per noi significa morte, ma tanto questo significato di mare lo è solo per noi rivoluzionari.
Forse dal mare solo un vecchio cane, od un uomo vestito di bianco, capiranno la differenza tra i nostri ideali ed i vostri.
Una cosa ho dimenticato di dirvi, volevo venire in Italia per ricongiungermi con mio padre Amir, ma l’ho ritrovato dopo che sono morto; anche lui come me è morto per una vita migliore, è morto cadendo da una impalcatura, faceva il muratore. Alcuni ragazzi lo ricordano cantando.
Forse è meglio morire che vivere una vita come la vostra...
Andrea Giombi
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Articoli-Pensieri
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Interpellanza sulla eliminazione delle barriere architettoniche nel Comune di Fabriano
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